Questione di famiglia

Di Carmen Di Marzo
Con Luigi Diberti, Ivan Castiglione, Carmen Di Marzo, Marcello Manzella
Scene Luigi Ferrigno
Regia Giuseppe Miale Di Mauro
Produzione Gekon Productions



Questione di famiglia è una storia familiare, una storia criminale. Un noir che affonda le sue radici nell’incapacità di amare e nelle problematiche profonde che la ricchezza senza argini scatena. Una famiglia in cui un padre di enorme successo, ha costruito un vero impero grazie alla sua spregiudicatezza e al suo acuto ingegno, lasciando però i suoi figli nella più totale insicurezza e inettitudine. La grande mancanza d’amore e la rabbia verso un padre troppo ingombrante e ormai anziano spingono rabbiosamente tre fratelli a progettarne l’omicidio per riscuotere l’ambita eredità che risolverebbe tutti i loro problemi. Un contesto familiare avvelenato, in cui le ferite irrisolte generano mostri inconsapevoli e in cui la vendetta si chiama libertà.

NOTE D’AUTORE

Quando sento il bisogno di scrivere, la mia concentrazione si focalizza senza alcun dubbio sulla cronaca. Il mio interesse diventa esplosivo quando mi soffermo sulla nostra società, sul nostro presente, sui fatti grandi o più dimenticabili del nostro quotidiano. E ciò che mi rapisce letteralmente non è semplicemente raccontare il fatto in sé, ma lo sguardo che vi si cela dietro.

La famiglia in questo caso è il posto di tutti, ma con variabili che possono decretare fortuna o maledizione, a seconda dei casi. Mi ha sempre molto affascinato il concetto di Freud, secondo il quale i figli per diventare adulti devono “uccidere” (metaforicamente) i loro padri.

La “morte” del padre viene intesa come un fattore di crescita e di sviluppo, necessario per l’evoluzione di un individuo. Mi sono però chiesta cosa accade nella mente di un figlio quando sceglie invece di ucciderlo sul serio, restando schiavo di un’autorità insostenibile, di un’immaturità inconsapevole e di un bisogno d’amore mai conosciuto. Ed è qui che entra in gioco la cronaca, che quotidianamente ci in forma di storie atroci e di famiglie disfunzionali. “Questione di Famiglia” si propone di analizzare la tossicità che lega un padre ai suoi tre figli. Tutti vittime di incomunicabilità, solitudine, arrivismo sfrenato e tutti carnefici spietati l’uno verso l’altro. La famiglia può diventare il posto meno sicuro al mondo, quando mancano l’amore, l’obbedienza, la tolleranza, il rispetto e la responsabilità. Ho immaginato una scrittura diretta, secca, per certi aspetti cruda, tipica di chi dietro a ogni atto di egoismo rifiuta qualunque limite. Se uccidere un genitore diventa l’obiettivo più importante per risolvere debiti e problemi personali, ci troviamo allora di fronte auna tragedia shakespeariana, a un fallimento infernale.

Carmen Di Marzo

 

 

NOTE DI REGIA

Quando ho letto Questione di famiglia ci ho ritrovato dentro il sapore di una scrittura antica con, però, dentro tutta la forza e la freschezza della contemporaneità. Utilizzo il termine “antica” perché a differenza di tanti testi contemporanei, questo è collocato in un solo ambiente: una casa, e parla di una famiglia. Eduardo, Cechov, Pinter e tanti altri – la lista è infinita – hanno costruito la loro fortuna drammaturgica raccontando attraverso le vicende di una famiglia il mondo intero. Senza fare paragoni scomodi, in questo testo ho ritrovato questo intento: provare a raccontare il mondo attraverso la storia della famiglia Sant’Agata. Provare a raccontare gli uomini e le donne, le loro debolezze, le loro angosce, i sorrisi e i pianti, il dramma del vivere, la stella baluginante della ricchezza che inghiotte e divora, una società affamata e cinica. Tre fratelli, due uomini e una donna, apparentemente spietati che nascondono invece debolezze e traumi, ma soprattutto una voglia matta di essere figli amati per quello che sono e non per quello che rappresentano. Da contraltare un padre molto poco padre, un uomo convinto che possa bastare aver costruito un impero che assicurerà una lauta eredità ai figli per essere stato un buon padre. Un uomo che non ha mai aiutato i figli a crescere ma piuttosto li ha tenuti sempre bambini e che dovrà fare i conti con il tentato suicidio dei figli nei suoi confronti. Un uomo che troverà una soluzione al problema nel suo stile, senza farsi attraversare da dubbi o perplessità sulla sua condotta genitoriale. Un testo che mi permetterà di lavorare molto con gli attori, guidandoli nella loro interpretazione attraverso dinamiche sceniche, costruzione dei profili psicologici, ritmo e uso della lingua. Un testo di parola che partirà dallo stomaco per arrivare al cervello. Con la possibilità di spaziare tra suggestioni già citate in precedenza fino ad arrivare a Shakespeare e al suo Re Lear che ha qualcosa da spartire con questo padre padrone.

Giuseppe Miale di Mauro

 

“A noi spetta di assumere il fardello di questi tempi grami,

dire ciò che si prova, non quello che si deve.

Sono stati i piĂą vecchi a sopportare i pesi piĂą gravosi;

a noi giovani non sarĂ  mai dato di vedere,

né vivere, altrettanto.”

(William Shakespeare)

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