ALEXANDER LONQUICH, pianoforte

ALEXANDER LONQUICH, pianoforte
Ludwig van Beethoven, Variazioni in do maggiore su un valzer di Diabelli, op. 120; Franz Schubert, Sonata in si bemolle maggiore, D. 960



Come autorevolmente ha scritto Piero Rattalino «Le Variazioni op. 120 di Beethoven sono la composizione che riassume in sé, in una sintesi storica irripetibile, tutto il cammino a ritroso compiuto da due generazioni di musicisti che avvertirono per primi il problema di inserire la creazione musicale nella storia anziché nell’attualità. Partendo dalla geometria elementare – ma non banale, a parer nostro – del valzer di Diabelli, Beethoven trascorre attraverso atteggiamenti stilistici diversi per concludere con cinque Variazioni di sapore arcaico, che ricordano il barocco o (l’ultima) un Settecento sentito come luogo di un’arcadia trasfigurata». Accanto a questo grande capolavoro il pianista Alexander Lonquich, uno dei grandi interpreti del nostro tempo (vincitore di premi della critica internazionale quali il “Diapason d’Or”, il “Premio Abbiati” – come miglior solista del 2016 -e il “Premio Edison” in Olanda) propone un’altra pagina famosissima e straordinariamente bella del repertorio pianistico: la Sonata in si bemolle maggiore D. 960 di Schubert, l’ultima delle sonate schubertiane, un vero e proprio compendio di tutto ciò che viene considerato come peculiare dello stile pianistico dell’autore viennese, di tutte le conquiste faticosamente acquisite negli anni giovanili, ma presenti qui secondo una organizzazione perfettamente organica e compiuta.

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